La tragica esperienza della pandemia in questo ultimo anno ha imposto alla Pubblica Amministrazione un'accelerata nella direzione della digitalizzazione, il che ci ha dato la speranza che almeno ne saremmo usciti un po' più "innovati". Tanto è stato detto anche sull'eredità che ci saremmo ritrovati grazie a questi cambiamenti... ma io ho il sospetto che sia solo una vana speranza.
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Da diversi anni frequento e apprezzo il ForumPA, il più grande evento nazionale dedicato alla modernizzazione della Pubblica Amministrazione.
Si respira un bel clima, eccitante e propositivo, fonte di grandi stimoli e dell'idea che "si può fare", che si può cambiare e migliorare la PA. Nei vari spazi si possono ascoltare gli esperti del settore, ispirarsi agli enti più virtuosi e prender nota delle buone pratiche.
Ma la realtà spesso non corrisponde alla percezione che si può avere della Pubblica Amministrazione attraversando gli spazi e gli eventi del ForumPA. Ci sono tanti Enti e Amministrazioni che non stanno al passo, in cui la realtà è un po' diversa dalle teorie che echeggiano nel Forum, e poi ci sono i limiti di carattere più generale (leggi "normativa sovraordinata").
La tragica esperienza della pandemia in questo ultimo anno ha imposto un'accelerata nella direzione della digitalizzazione, il che ci ha dato la speranza che almeno ne saremmo usciti un po' più "innovati".
Il lavoro da remoto, in modalità "Telelavoro", era in realtà normato già dal 1999 ma non aveva mai decollato. La necessità di distanziamento invece ha obbligato allo smart working e a una rapida riorganizzazione, all'acquisizione di nuove competenze e a scoprire un modo diverso di lavorare.
Tante parole sono state impiegate in questi mesi per lodare i vantaggi dello smart working, come la riduzione del traffico a vantaggio della qualità dell'aria e della vivibilità delle città, una migliore qualità della vita data anche dalla possibilità di rimanere vicini ai propri cari anziché doversi recare in ufficio, migliore qualità di rapporto con il proprio territorio, tempo liberato dagli spostamenti casa-ufficio-casa.
Tanto è stato detto anche sull'eredità che ci saremmo ritrovati grazie a questi cambiamenti... ma io ho il sospetto che sia solo una vana speranza.
Infatti le cose in tante amministrazioni non hanno funzionato benissimo perché magari, oltre alle connessioni in chat o ben che vada in video e le consolidate email, di più non si è fatto. I lavoratori non sono stati messi in condizione di essere operativi al 100% da remoto, senza neanche la possibilità, ad esempio, di connettersi al proprio pc in ufficio o ai server interni (e parliamo di tecnologie non certo nuove...). Questo banalmente ha riportato i documenti disponibili in formato digitale alla stregua di quelli cartacei, raggiungibili quindi solo fisicamente dal proprio ufficio. Non sono state sperimentate soluzioni software di collaborazione sui progetti, processi e procedure non sono cambiati, non è stato fatto un reale sforzo per potenziare le competenze digitali, nulla è cambiato nel modello organizzativo. I dipendenti, tal volta accusati di essere fannulloni, spesso sono stati abbandonati a se stessi e hanno fanno quello che potevano con le risorse disponibili.
E così come la PA non è stata del tutto pronta in questa occasione a causa delle carenze pregresse, non ne ha "approfittato" neanche ora per raggiungere un livello di resilienza che la digitalizzazione, quale infrastruttura di base, può facilitare, ma che richiede anche un'azione sul piano delle competenze, delle norme, dei processi, dei modelli di governance e di leadership, di modelli organizzativi fondati su flessibilità di spazio e tempo di lavoro, con maggior autonomia e responsabilizzazione sui risultati.
E infatti... appena imboccato il tunnel di uscita dall'emergenza sono riemerse le pulsioni "reazionarie", pronte a ricondurre tutto sui modelli più rassicuranti di orario di lavoro e presenza fisica. In sostanza il ripristino della cultura del cartellino che lega la produttività alla presenza.
Per affrontare le responsabilità di questo fallimento bisognerebbe indagare sulle capacità e competenze di chi gerarchicamente è stato in posizione tale da poter cambiare le cose, sia su scala nazionale che su scale minori fino alle singole strutture. Capacità e competenze digitali, ma anche di semplice capacità di immaginazione, di coraggio, di visione, di fiducia e di creatività, fino alle più complesse capacità (o volontà) di reingegnerizzazione del sistema.
Insomma, l'opportunità che abbiamo avuto di apprendere e sperimentare, trasformando la negatività in qualcosa di positivo, è quasi del tutto andata sprecata.
Come si suol dire: il futuro può attendere...